LE RECENSIONI DEL SALOTTO: OPEN MUSEUM

LE RECENSIONI DEL SALOTTO
Matt Briar, Open Museum, Delos Digital

Collana Futuro Presente a cura di Giulia Abbate ed Elena Di Fazio


L'AUTORE
Matt Briar (al secolo Matteo Barbieri) nasce a Reggio Emilia nel 1985. La scrittura lo seduce sin da bambino quando si impossessa della Olivetti Lettera 32 di famiglia. Crescendo diventa un lettore vorace e sperimenta vari generi, fino a innamorarsi della letteratura fantastica, e in particolare della fantascienza per la sua capacità di riflettere il presente. Dopo un paio di racconti pubblicati su riviste e web, fa il suo vero esordio vincendo il premio Kipple con un'opera sperimentale, L'era della dissonanza (Kipple, 2014). Subito dopo cercandosi su Amazon si accorge dell'esistenza di altri scrittori con il suo stesso nome di battesimo, e decide di dotarsi di pseudonimo. Nel 2018 ha pronti due nuovi romanzi con i quali si classifica finalista ai due maggiori premi italiani di scifi: Urania e Odissea. Uno dei due, Terre rare, esce per Watson Edizioni nel 2019. Tra i progetti a cui ha partecipato, le antologie NeXT-Stream e La prima frontiera (Kipple), e la raccolta di saggi Stephen King: L'altra metà oscura (Weird Books). Sul web scrive per Tom's Hardware, Rockinfreeworld e cura il suo blog. 

LA TRAMA
Per Beatrice andare a trovare suo padre era un'emozione unica. Come la visita a un museo. 

Greta è una madre single che cerca di dare un futuro a sua figlia, Bea. L'unica speranza di una vita migliore è diventare cittadine di fascia Beta, risalendo la rigida scala sociale di una Milano prossima ventura. La chiave si nasconde in un sinistro reality show che illumina i televisori delle case... Da Matt Briar, autore di Terre rare (Watson Edizioni), un racconto elegante e riflessivo, sullo sfondo di un'Italia non troppo lontana nel tempo e nelle storture sociali. 

LA RECENSIONE
Guidava l'auto senza prestare attenzione alla strada. I passanti, i marciapiedi, i semafori e gli altri veicoli entravano e uscivano dal parabrezza fluendo come acqua. Per non parlare delle sagome scheletriche degli alberi nei campi, quasi fossero disegni sopra un vecchio mascherino cinematografico. La luce obliqua e dorata del sole al tramonto illuminava ogni cosa di striscio, ma il suo riflesso sul parabrezza non le dava fastidio. Era come se non ci fosse. I suoi occhi vedevano solo ciò che volevano, bloccando tutto ciò che poteva risultare sgradevole. 
Le sue mani quasi non sfioravano il volante, al massimo lo accarezzavano. Da bambina le avevano regalato un finto volante, con un cambio e due frecce che emettevano suoni e luci. Qualche volta aveva giocato a far finta di guidare (un camion, il furgone delle Poste, la moto del vicino). La sensazione di spensieratezza che provava ora era molto simile. Nell'abitacolo dell'auto era racchiusa un'insolita serenità, come se l'origine di ogni sua azione o pensiero fosse collocata al di sopra della sua normale volontà.

Milano, un futuro non meglio precisato. 
Greta è una madre sola, una madre determinata a garantire un futuro migliore a sua figlia Beatrice. Per questo motivo è decisa ad entrare a far parte della cosiddetta fascia Beta, una classe sociale che fa gola a molti ma a cui pochi possono accedere. E il giorno in cui Greta scopre di poter fare richiesta grazie al padre di Beatrice - un padre lontano, eppure sotto gli occhi di tutti - la donna non esita un momento per assicurare a Bea tutto quello che è in suo potere. 

Dopo Terre rare, Matt Briar torna con un nuovo, emozionante romanzo breve per la collana Futuro Presente. Con il suo stile pacato e con l'utilizzo di numerosi ed efficaci flashback, l'autore ci trasporta in un mondo distorto e angosciante. C'è un'inquietudine costante e sottesa tra le pagine di questo volume, qualcosa di ineffabile che si rivela a poco a poco, esattamente come la storia di Greta e Beatrice: il fatto che la Milano del futuro tratteggiata dall'autore non sia poi così distante dal nostro tempo. I cittadini sono divisi in rigide classi sociali a cui si può accedere solo per diritto di nascita o per motivi particolari (nel caso di Greta, il fatto di poter dimostrare che Beatrice è figlia di una personalità importante). Tuttavia, le differenze sono e restano marcate. Greta smetterà di aggrapparsi alle illusioni quando verrà immediatamente etichettata come un'arrivista, feccia proveniente dalle classi sociali inferiori. Occorre tuttavia leggere l'intera storia prima di poter avere un quadro completo della situazione per capire fino in fondo cosa sia questo "Open museum" e di quale macabro reality show si stia parlando. Matt Briar è abile nel tenerci con il fiato sospeso durante l'intera narrazione e, nonostante la brevità del volume, riesce a dire tanto sia sulla società che sui personaggi descritti grazie ad un sapiente uso dei dettagli. 
Open museum è una storia potente nonostante l'apparente tranquillità dei toni, in grado di creare uno straniante senso di attesa e, al contempo, di oppressione grazie a tutto ciò che rimane "non detto". Ai lettori il compito di immaginare "ciò che è stato" e trarre le proprie - più opportune - conclusioni.

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