IL SALOTTO PRESENTA: LA VOCE DEL GECO

IL SALOTTO PRESENTA
Aldo Boraschi, La voce del geco, AltreVoci Edizioni
Prefazione di Valeria Corciolani


L'AUTORE
Aldo Boraschi è nato nel 1964 ed è giornalista, scrittore e blogger. Ha lavorato per oltre vent’anni in redazioni giornalistiche di emittenti televisive, settimanali e quotidiani. Ha pubblicato: “Donne Altrimenti Amate” (2012), “Al limite del buio” (2012), “L’enfasi eccessiva” (2013), “Dalidà” (2014), “Il Funambolo e altre vite” (2016), “La parte sbagliata del tappeto” (2016), “Storie da osteria” (2017), “Onorarono” (2019). Ha curato Intrighi, leggende e misteri. “La storia dei Fieschi” (2015) e “La congiura del Conte Gian Luigi Fieschi” (2015). Ha pubblicato per la casa editrice “I Libri di Emil” “La voce del geco” (2018) e “L’arte della solitudine” (2019). Ha tradotto dall’inglese l’opera della scrittrice libanese Joumana Haddad Humanus – “Il terzo sesso” (2017). Del 2019 è “La Donna Francese” (Panesi Edizioni) e del 2020 “Il tempo che faceva” (AltreVoci Edizioni). Ora esce per AltreVoci Edizioni la ristampa di “La voce del geco”.

LA TRAMA
Giusto è il figlio di un funambolo, abbandonato dai parenti alla morte del padre quando aveva dieci anni. Da quel giorno vive sui tetti. Tutta la sua vita accade sui coppi alla marsigliese di un piccolo quartiere di Lavagna, adottato dai vicini e lasciato libero di essere quello che è.
Nel corso degli anni quei tetti diventano un micromondo abitato da personaggi tanto improbabili quanto profondamente reali: la badante Bartola, l’ex professore Adelmo Chiappe, il campione di ciclismo caduto in disgrazia Rosario, don Livio, prevosto di campagna in crisi di vocazione. Un equilibrio perfetto, che solo le vite imperfette sanno creare.
Quando arriva Raimonda, però, tutto cambia. Ma perché tutto, veramente, possa cambiare, occorre fare un passo in più: scendere nel mondo.

ESTRATTO

«Sì, va beh, ma ora, che si fa? Dico, che facciamo?»
Silenzio.
«Una decisione dobbiamo prenderla, non possiamo uscire da questa riunione condominiale senza una risposta. La questione è troppo importante. Lo capite, vero?», il tono si fece più aspro.
Il lavatoio comune del civico 34 del quartiere del Brunzin funge da sala riunioni. Impropriamente, a un occhio profano, quelle avrebbero dovuto chiamarsi riunioni condominiali, ma erano ben lungi dall’essere quella sorta di ring senza esclusione di colpi disegnato dall’immaginario collettivo. Spesso si limitavano a una partita a scacchi o a una bella mangiata, tanto c’era poco da decidere visto che la facciata era stata ridipinta cinque anni prima e gli operai che si occupavano delle piccole manutenzioni erano amici di vecchia data che si accontentavano di un paio di bottiglie di vino o di qualche arbanella di acciughe sotto sale. Non c’era manco l’amministratore. Seduti in circolo all’interno del lavatoio erano presenti: il Professor Adelmo Chiappe, Anita Chiappe (sorella di Adelmo), Bartola Tataranni, Rosario Lovaglio.
Assenti giustificati: Filiberto Perotti, William Dall’Argine, Tecla Verdelli e Arrigo Balbi, in quanto proprietari di seconde case e quindi poco propensi a spendere soldi in carburante e autostrada per assistere a un ritrovo conviviale. Assente ingiustificato: don Livio Trivisonno, giovanissimo parroco della frazione di Cavi di Lavagna.
«Insomma, diamine, ci sarà pur qualcuno che avrà un’opinione in merito? O no?»
Silenzio.
A dire il vero, l’argomento – l’unico – trattato nella riunione, organizzata in tutta fretta ventiquattr’ore prima, era di quelli epocali, di quelli che la vita, eh sì, te la cambiano per davvero. Altro che caldaie e millesimi. Come al solito la parola spettava al capo condominio per antonomasia: Adelmo Chiappe, il cui atteggiamento risultava essere autorevole anche quando non voleva esserlo.
«Certo, qualcuno dovrà pur parlare, che diamine!», la vocina flebile di Anita Chiappe ruppe quel silenzio tattile. Più che altro era una voce di contorno e di ritorno. Anita, il più delle volte, si appisolava sulla seggiola, dopo aver rimarcato il primato intellettuale del fratello Adelmo con qualche frase smozzicata, di dubbio gusto e, il più delle volte, fuori contesto.
Silenzio.
In cuor loro, gli astanti avrebbero voluto avere una bacchetta magica in mano che offrisse loro la soluzione a questo problema.


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