IL SALOTTO PRESENTA: ALEXANDER. LE SQUADRE DELLA MORTE

IL SALOTTO PRESENTA
Ivan Rocca, Alexander. Le Squadre della Morte, Independently Published


L'AUTORE
Mi chiamo Ivan Rocca, nato nel 1983 ai piedi dei Colli Euganei. Ho vissuto a lungo a Maserà di Padova e ora risiedo a Nottingham, nel Regno Unito.
La mia vita lavorativa comincia a diciassette anni, quando dopo numerose bocciature scolastiche sono stato assunto in una fabbrica come operaio. Ero deluso, scoraggiato dai miei ripetuti fallimenti. Lasciavo trascorrere le giornate una dietro l’altra, tutte uguali, tutte senza scopo alcuno. Non fraintendetemi, ho conosciuto persone che apprezzano il lavoro in fabbrica, che lo accettano e anzi ringraziano di averlo. Io semplicemente non mi sentivo parte integrante dell’ambiente, lo consideravo asfissiante e inconcludente. Forse stavo buttando via la mia intera esistenza.
Avevo ventun anni quando ho mosso i primi passi per cambiare la mia vita. Senza smettere di lavorare, ho concluso gli studi in una scuola serale, seguendo un corso di ragioneria. Ancora non ci si avvicinava all’ambito cui ero portato, ma almeno mi era stata data un’opportunità senza per questo perdere il biennio che avevo già conseguito. Una volta preso il diploma, mi sono trovato di fronte a un bivio, la scelta che avrebbe determinato la mia vita futura. Tenermi il lavoro da operaio, andare a vivere nella casa che avevo acquistato e trovarmi un giorno a inveire contro le tasse, il caro-benzina, i politici. Oppure stravolgere tutto, abbandonare un impiego a tempo indeterminato, vendere le mie cose e andare a vivere in un altro Stato. Optai per la seconda scelta.
Non sono mancate le obiezioni. Colleghi che conoscevo a malapena mi chiedevano se fossi pazzo, altra gente mi osservava come si guarda chi sta per fare una scelta sbagliata e un giorno sarebbe tornato indietro elemosinando qualcosa e facendo ammenda per i propri errori. Ovviamente ci sono stati anche gli incoraggiamenti, ripensandoci davvero pochi. Non sono una persona testarda, ma in quel frangente sono stato inamovibile. La scelta era ormai fatta, punto e basta.
Dopo qualche mese trascorso a Nottingham per imparare la lingua inglese, sono finito nella prima meta dell’italiano all’estero: Londra. Decine di migliaia di italiani, giovani e non, vivono nella metropoli che conta otto milioni di persone nella sua intera area urbana. L’italiano a Londra lavora nella ristorazione e così a ventisette anni mi sono ritrovato a lavorare come cameriere, partendo dal rango più basso di un mestiere che può essere molto nobile. Grazie alla mia tenacia e al savoir faire nelle relazioni con le persone, dopo cinque mesi ero responsabile di sala e dopo altri sei sono diventato manager del ristorante.
A volte ripenso agli anni spesi in fabbrica e poi in un anno e mezzo all’estero – BOOM! – ero manager di un ristorante italiano di successo nel centro di una delle capitali mondiali. Ma il futuro non aveva ancora finito di sorprendermi.
Come si sa, l’uomo segue le occasioni e se le crea, quindi a un certo punto abbandonai la carica per seguire un altro sogno. Da sempre leggo e scrivo, da racconti a canzoni, da favole moderne a saggi brevi. Più di una volta amici e parenti mi avevano consigliato di provare a scrivere un libro, quindi ho approfittato dei sei mesi trascorsi a Colchester per redigere il mio romanzo, una storia che avevo in mente da almeno dieci anni. Passo dopo passo ho spedito la sinossi a ventidue case editrici, ho rispedito il manoscritto a chi era interessato, ho avuto qualche scambio di mail e... il gioco è fatto, il mio primo romanzo è stato pubblicato nel maggio del 2014. Tre anni prima ero un operaio, dal momento della pubblicazione ho osato definirmi scrittore.

LA TRAMA


Qualcosa si sta muovendo a Palazzo. Da troppi anni, la capitale del Regno del Male è sopita in un sonno letargico. Govan, il Consigliere dell'entità demoniaca conosciuta come Cuore del Male, Signore di Palazzo, ha radunato i futuri membri della diciannovesima Squadra della Morte, i paladini del Regno. In un mondo carico di odio e antichi rancori, il giovane Alexander si trova a ricoprire un ruolo che lo porterà alla gloria o alla perdizione.

ESTRATTO

Capitolo 20: Anno PMG 3119, Luglio
Maestro di Morte

Qualcuno entrò nel corridoio delle celle. Il prigioniero udì una serie di passi. Provò a calcolare in quanti potessero essere. Chiuse gli occhi e si concentrò. Uno… due… tre… e ce n’è anche un quarto. Ma altri rumori li accompagnavano. Il primo era il classico sferragliare di catene trascinate, un suono comune in una prigione. Il secondo era un cadenzato colpo secco, come di legno su pietra.

Ecco svelato l’inghippo, pensò il prigioniero. Due guardie scortavano un carcerato. Un druido li accompagnava.

Quando furono in prossimità della sua cella, credette la ignorassero come se non fosse mai esistita. Invece si fermarono. Il prigioniero udì il tintinnare delle chiavi e poi lo scatto della serratura. Le guardie non si erano nemmeno degnate di dare una sbirciata preventiva dallo spioncino. Come biasimarle, pensò. Legato com’era al muro, non poteva spostarsi dalla parete nemmeno di una decina di pollici. Per quattro lunghe notti aveva dormito appeso ai ferri e per tre giorni aveva urinato nei pantaloni.

Il chiavistello prese a scorrere nella corsia e la porta della cella fu aperta. Attraverso le croste di sangue rappreso che gli appesantivano le ciglia, il prigioniero si accorse di aver indovinato. Uno dei guardiani era entrato nella cella buia, subito seguito da un druido anziano, come indicava la pregiata fattura del bastone nodoso su cui stringeva il palmo. La guardia gli avvicinò malignamente una torcia accesa al viso, ben sapendo che l’individuo lì recluso era accecato a causa dell’assenza di luce degli ultimi giorni.

Sfidando il bagliore, il prigioniero guardò in faccia il suo aguzzino. Si trattava di una di quelle guardie che l’avevano pestato a sangue al momento della cattura. Gli sorrise beffardo pensando a quanto sarebbe stato utile come cavia vivente nei suoi esperimenti per far rivivere parti del corpo amputate e ancora sanguinolente.

“Trovi la cosa divertente, mostro?” chiese la guardia avvicinandogli ancora di più la fiaccola al volto. Poté sentire il calore della fiamma fargli evaporare il sudore sulla fronte.

Il carceriere stava masticando forsennatamente una foglia di tabacco. Senza sapere perché, proprio confermando le parole dell’altro, il prigioniero lo trovò divertente. La guardia s’imbufalì e gli sputò in faccia. Poi, con un pugno lo colpì alla bocca dello stomaco.

“Calma, calma” intervenne il druido. “L’accusato deve ancora subire il giusto processo.”

La guardia non si arrese, anche se si acquietò un poco. “Perché, serve un processo a questo bastardo? Tutti noi siamo stati testimoni dei sacrilegi che ha compiuto. Se ripenso a tutti quei cadaveri…”

“Sarà lo Spirito della Collina a emettere il verdetto. Chi siamo noi semplici umani per giudicare un nostro pari?”

“Lui non è… umano” insinuò la guardia arricciando il naso.

“Lo è, almeno per metà. Te lo garantisco. Portiamolo fuori. La cella puzza come un letamaio.”

Il prigioniero fu slegato dai ceppi agganciati al muro. Gli furono applicate delle catene ai polsi e alle caviglie. Le maglie erano poche e fu costretto a camminare facendo piccoli passi.

Uscendo dalla cella, diede una fugace occhiata al compagno di sventura. Era un uomo tutto pelle e ossa. Le vesti strappate pendevano flaccide, i lunghi capelli unti sparsi attorno alla testa gli davano le sembianze di un salice piangente. L’aspetto smunto rivelò che doveva essere rimasto in cella per molto più tempo rispetto a lui. Forse un mese.


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