CINQUE DOMANDE PER CONOSCERE MICHELE GONNELLA

CINQUE DOMANDE PER CONOSCERE L'AUTORE 
MICHELE GONNELLA
Bentornati alle nostre "Cinque domande per conoscere...", gli speed date letterari del Salotto. Oggi siamo in compagnia di Michele Gonnella, autore vincitore dello Zappa&Spada e tra i fondatori del collettivo Ignoranza Eroica, ma anche artista marziale, haijin e gattaro impenitente. 
Pronti a conoscerlo? Accomodiamoci...


Ciao Michele e benvenuto nel mio Salotto. Prima domanda che rivolgo a tutti i miei ospiti: raccontaci qualcosa di te. 
Salve! Qualcosa... Contro ogni aspettativa, sono diplomato come perito informatico. Non ho mai lavorato in quel campo, e la vita è stata tutto un picchiare “kung fu” e bere tè, poi sono diventato misantropo e ho iniziato a scrivere. Ancora qualche tempo e mi son ritrovato gattaro. Diciamo che di lavoro faccio lo scrittore: è come dire che sono disoccupato, ma fa più figo. 

Quali sono le tue pubblicazioni principali e di cosa trattano? 
Le più iconiche sono sicuramente tre. 


Andando in ordine storico abbiamo “Manuale di Rissa – Dé Bello Tabernae”, un saggio satirico che reinterpreta in chiave “rissa da taverna” le tecnica della nostra scherma antica – qualcuno ha pensato che fosse un autentico manuale del 1600! 


A seguire è uscito lo Zappa&Spada, in cui presenzio come vincitore del concorso col racconto “Tanfo di Gulo”, dove un santone e un paladino organizzano un'armata di disgraziati per eliminare un ghoul (gulo è una pronuncia dialettale del sud Italia). 


La mia presenza nello spaghetti fantasy ha dato il via a una serie di eventi che mi ha portato a essere uno dei fondatori di Ignoranza Eroica, per cui ho pubblicato “I.33 Valperg – Sword'n'Apecar”, una commedia horror nata per spiegare la frase “Plutone Stigio non osa quel che fanno la strega ingannatrice e il frate scellerato”, realmente presente all'inizio dell'I.33, un manuale di spada e brocchiero decisamente misterioso, tra simbologie e termini dubbi. Nonostante l'idea quasi para-archeologica, ne è nata una storia rocambolesca dove una santa sull'apino affronta l'apocalisse zombie in Garfagnana, tra Benandanti e Diavoli. È una pubblicazione iconica per due motivi fondamentali: è una trama tanto seria quanto poco seriosa e, nonostante io non pubblicizzi una beata zeppola, si vende da sé. 

Facciamo un gioco. Cosa ti viene in mente se ti dico: 
Giappone? Tradizione. 
Ninja? Tanta pazienza e eclettismo funzionale. 
Fantasy? Ramen, spaghetti, meNare! 
Arti marziali? Nella scuola il praticante riceve, fuori dalla scuola il praticante dà. 
Tè? Lavoro. Ho sempre un buon tè quando lavoro. 
Gatti? Esempio da seguire. 

Oltre a saggistica e narrativa, ti occupi anche di poesia, nello specifico di haiku. Da dove nasce questa tua passione e come crei un tuo haiku? 
Tutto è nato da un accidente. Alle elementari mi obbligarono a partecipare a un'edizione del premio Scafati. Scrissi un po' a casaccio e arrivai secondo. Visto che mi veniva bene, provai a ricimentarmi di tanto in tanto, ma per quanto piacesse a amici, parenti e insegnanti... Era troppo facile. Parecchi anni dopo, mi trovo a passare davanti allo stand di un'editore dove vedo parecchie antologie di haiku. Guardo la quarta di copertina, scopro quanto sia bastarda e pretenziosa la metrica di un'haiku. Amore secco e maledetto. Una forma di poesia così sfidante sì, che la volevo. 
Iniziai a scriverne di programmate per assimilare la metrica – adesso mi capita spesso di pensarle dirette in 5/7/5 – fino a che non mi accorsi che le trovavo spontaneamente. L'haiku d'altronde non si crea, semplicemente ti balza in testa fatto e finito, viene da sé come succede con tutto ciò che si è assimilato. Una cosa buffa? Quando mi viene un haiku o trovo un buco decisivo nella difesa dell'avversario, provo la stessa sensazione. 

Progetti in corso e futuri? 
Troppi: abbiamo un saggio di propedeutica all'oplologia (chi la capisce ha la mia stima); un libro di cucina strategico; un'antologia di haiku trilingue; un racconto in un'antologia di fantasy all'italiana; un'altra antologia di fantasy, ma decisamente più ramen che spaghetti. Capisci cosa intendo quando dico che cerco di sopravvivere a me stesso?

Serve aggiungere altro? Un caloroso ringraziamento a Michele per essere stato in nostra compagnia oggi e vi consiglio di tenerlo d'occhio per tante, belle novità in arrivo. 


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