INTERVISTA ALL'AUTRICE CAMILLA STENTI

INTERVISTA ALL'AUTRICE CAMILLA STENTI
Bentornati al puntualissimo appuntamento del giovedì interviste de Il Salotto Letterario e de Il Salotto Creativo del gruppo Facebook MyMee-Express Yourself. Oggi siamo in compagnia di Camilla Stenti, autrice dei due romanzi Resta Viva e Punto e a capo editi da Dario Abate Editore. Siete pronti a conoscerla? Accomodiamoci...



Ciao Camilla, benvenuta nel mio salotto. Raccontaci qualcosa di te.
Ciao a tutti, sono Camilla Stenti, una ragazza di venticinque anni che ha la passione della scrittura. Sono nata a Roma ma vivo da più di un anno a Reggio Emilia perché sto finendo qui la magistrale in Pubblicità, Comunicazione Digitale e Creatività d’Impresa.

Come ti sei avvicinata alla scrittura?
In realtà è stata più che altro la scrittura ad avvicinarsi a me. Scrivo da sempre… fin da bambina amavo inventare storie (abbastanza irrealistiche, aggiungerei) e abbozzare nei miei mille diari segreti qualsiasi pensiero mi passasse per la mente. Crescendo, ho iniziato a considerare la scrittura un vero e proprio sfogo liberatorio. Mettere nero su bianco ogni delusione mi ha sempre aiutato a metabolizzarla meglio e a renderla più leggera.

Qual è il tuo genere preferito? 
Come ho detto prima, scrivo principalmente per sfogarmi, quando qualcosa non va proprio nel verso giusto. Di conseguenza, il genere che preferisco, sia nella scrittura e sia nella lettura, è quello drammatico. Non disdegno però gli altri, mi piace leggere un po’ di tutto… il genere che mi fa meno impazzire è probabilmente il fantasy ma devo ammettere che ci sono stati diversi autori che sono stati in grado di farmi ricredere anche qui.

Parliamo un po’ delle tue opere. Come sono nate? Di cosa parlano? Quali sono i temi principali?


“Resta viva” è il primo romanzo che ho scritto, ormai cinque anni fa (quando ero ancora giovane!). L’idea alla base di questo libro è nata da un incubo che ho fatto e che mi è rimasto addosso per giorni: ho sognato di essere Gaia, il nome che ho poi scelto per la protagonista, ed ero così arrabbiata da non poter continuare a prendermela con chiunque avessi intorno. Dovevo scriverci sopra e dovevo parlare di lei per scaricare un po’ di rabbia. È nato, a dire il vero, come un progetto che sarebbe dovuto rimanere tra me e il mio cassetto, pieno di polvere. Non avrei mai immaginato che qualcuno, al di fuori di mia madre, potesse leggerlo. Comunque… per tornare alle tue domande: è la storia, appunto, di questa ragazza, Gaia, che di colpo scopre di avere un cancro all’ultimo stadio e una speranza massima di sei mesi di vita. È la storia della sua battaglia, fuori e dentro l’ospedale, della guerra che combatte per far sì che le persone che ha accanto stiano bene, con e/o senza di lei. 


“Punto e a capo” è leggermente meno drammatico e più fresco (ha giusto un annetto di vita!): è il racconto di Viola, una ragazza di trent’anni che viene lasciata dal suo compagno, dopo una relazione di quindici. È anche questo il racconto di una battaglia, ma con fini, motivazioni e alleati differenti. È il percorso di una donna che deve ricordarsi chi sia e come sia possibile amarsi ancora, anche senza qualcuno accanto che dice di amarti. Il secondo libro è stato più difficile da scrivere e infatti, soprattutto per quanto riguarda l’inizio, sono andata un po’ più a rilento. Ho deciso di sfruttare un insieme di sfoghi personali, scritti di getto nei miei momenti più bui, e di costruirci una storia intorno, una vita intorno. Quando l’ho iniziato, non sapevo minimamente dove mi avrebbe portato o come si sarebbe potuta sviluppare la vicenda. Sicuramente, però, volevo che ci fosse un collegamento con il primo romanzo… e alla fine un collegamento c’è.

C’è un titolo di una delle tue opere che è particolarmente significativo per te?
La scelta del titolo per il secondo libro, “Punto e a capo”, è stata decisamente più sofferta. Prima di arrivare a questo, ho fatto addannare il mio direttore editoriale (Daniele Corradi) perché sembrava non ce ne fosse nessuno in grado di soddisfarmi abbastanza. Dopo mille e più proposte, siamo arrivati a questo… e lo adoro, con tutta me stessa, ma “Resta viva”, per me, è come un primo amore: praticamente quel libro si è scritto da solo, si è scelto da solo il titolo che gli calzava a pennello e ha deciso di darmi una penna in mano per permettermi di metterlo al mondo. Al di là degli altri significati più personali che poi hanno contribuito a renderlo ai miei occhi ancora più speciale, “Resta viva” è il titolo che, a mio avviso, rimane più impresso ed è più d’impatto. 

Da dove prendi ispirazione per scrivere? 
Credo di avere già risposto, in parte. Il sogno che ho fatto è stata un’eccezione, anche perché, in genere, non ricordo mai nemmeno se ho sognato qualcosa… figuriamoci se ricordo cosa! Solitamente prendo spunto da quello che mi succede e da quello che vedo succedere alle persone che mi stanno a cuore: se una situazione mi scatena dentro qualche emozione, questa deve essere raccontata… con la speranza di regalare le stesse emozioni anche a qualcun altro.

Ogni scrittore inserisce inevitabilmente una parte di se stesso nelle sue opere. C’è un personaggio in particolare che senti più vicino di altri?
Come hai detto anche tu, parlare di te, quando descrivi la personalità di uno dei personaggi che hai inventato, è inevitabile. Non avrei voluto mettere così tanto di me in Gaia, la protagonista del mio primo romanzo, ma ci sono finita dentro e non ho neanche capito come. Molti dei suoi atteggiamenti, delle sue reazioni, dei posti che visita e dei suoi gusti mi riflettono al massimo, più di quanto avrei voluto. La sua situazione, però, è al limite… e spero di non trovarmi mai a vivere quello che lei vive, fin dalle prime pagine. Come caratterizzazione, Gaia è molto simile a me… ma Viola, la protagonista del secondo libro, invece, è identica a me. Gli sfoghi sono i miei, li ho vissuti e li ho subiti prima ancora che li subisse lei, che lei esistesse. Tra le due, quella che sento più vicina è quella fragilissima Viola, che deve capire come tornare a credere in se stessa.

Potresti raccontarci la tua esperienza con la casa editrice con la quale hai pubblicato?
Ho pubblicato entrambi i miei romanzi con Dario Abate Editore (DAE) e non finirò mai di ringraziarli: di ringraziare Dario Abate, per aver creduto in me anche quando io stavo smettendo di farlo, e Daniele Corradi per la sua infinita pazienza e per il suo perenne supporto. Ho avuto modo di conoscere questa casa editrice tramite la sponsorizzazione su Facebook del concorso (il Primo Contest DAE). Ho mandato la mia opera senza avere il minimo della speranza, quasi a tempo perso. Sapevo che eravamo in tanti a partecipare e, per me, anche solo l’aver passato la prima selezione era un traguardo. Non credo di aver ancora realizzato che, quel concorso, l’ho vinto proprio io. Dario e Daniele sono unici, non solo per l’affetto e per l’occasione che mi hanno regalato, ma proprio per la passione che mettono nel loro lavoro, per lo spazio che offrono agli autori emergenti (senza chiedere alcuna spesa per la pubblicazione!) e ai giovani che hanno qualcosa da raccontare.

Hai partecipato a qualche evento (o eventi) per promuovere il tuo romanzo?
Sì, ho avuto il piacere di conoscere il mio direttore editoriale a Milano, quando ho partecipato al Festival Stranimondi (sia nel 2018 e sia nel 2019) e ho avuto modo di promuovere e di parlare di “Resta viva”. In questa occasione, ho conosciuto anche tanti altri autori (sempre della famiglia DAE) e con molti di loro ho organizzato già diverse presentazioni e interviste. Ho in programma di organizzare altre presentazioni a breve per far conoscere meglio anche “Punto e a capo”. Al momento sono nel periodo più critico degli esami… ma, finiti questi, tornerò ad attivarmi.

Hai qualche consiglio da dare ad un aspirante scrittore alle prese con la sua prima opera? 
Il consiglio che mi sento di dare è che potrebbe essere utile, per lui/lei, far leggere la sua opera a qualcun altro, avere un altro punto di vista, un occhio critico ed esterno che possa anche scorgere gli errori che a lui/lei potrebbero essere sfuggiti. Un consiglio spassionato da qualcuno che non è così coinvolto, o meglio, che non lo è come lo è l’autore stesso; non può far mai male. Se posso dare altri suggerimenti, il primo tra tutti è quello di non rinunciare al proprio stile, di fare molta attenzione alla forma ma di valorizzare ciò che lo differenzierà, più dei temi trattati e delle pagine scritte. Spesso il modo in cui è scritto un libro rimane più impresso della storia che è stata raccontata… o almeno questo vale per il mio modesto parere e credo che riconoscere già da poche righe la mano dell’autore sia un valore aggiunto. Per ultima cosa, ma non per importanza, vorrei dirgli (o dirle) di non smettere mai di sperare: un “no” non può impedire di provarci ancora, non deve essere un ostacolo ma un incentivo a fare di più, a farlo meglio. Continuate a credere nel vostro sogno, ad aggiustarlo e a proporlo a nuove case editrici. Se non ci credete voi per primi, è difficile che altri possano farlo. Tra l’altro, provarci non costa nulla! Un grande in bocca al lupo a chi ha ancora il coraggio di mettere nero su bianco le proprie emozioni!

Ringrazio Camilla per essere stata in nostra compagnia oggi e qui di seguito potete trovare tutti i suoi link di riferimento per rimanere sempre aggiornati e non perdere neanche una news.





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