INTERVISTA ALL'AUTORE ALESSANDRO PEDRETTA

INTERVISTA ALL'AUTORE ALESSANDRO PEDRETTA
Bentornati all'ultimo appuntamento del 2019 con le interviste de Il Salotto Letterario e de Il Salotto Creativo del gruppo Facebook MyMee - Express Yourself. Oggi ho il piacere di ospitare Alessandro Pedretta, autore del romanzo Lo sfasciacarrozze edito da Kipple Officina Libraria, che ci parlerà un po' di sè e della sua ultima opera.
Ma ora accomodiamoci e lasciamo a lui la parola...



Ciao Alessandro, benvenuto nel mio salotto. Raccontaci qualcosa di te.
Sono un residuo bellico delle mie guerre interiori. Sono un operaio, nel tempo concessomi tra un trauma della vita e un altro ho la vanità di voler scrivere, tra le altre cose.

Come ti sei avvicinato alla scrittura?
Ho sempre letto molto, più che altro da giovanissimo, indi per cui mi sembrava logico e coerente cercar di riportare con le parole anch’io le mie visioni estrapolate dall’esistenza, dagli umori, e dallo sguardo sulle cose.

Qual è il tuo genere preferito? 
Non ho un genere preferito. Sono sempre stato un amante degli scrittori che riportavano esperienze personali trasformandole, triturandole, trasfigurandole. Ho iniziato quasi istintivamente con i tizi della Beat generation, uno su tutti William Burroughs, poi da cosa nasce cosa e sono passato a Céline, Henry Miller, Bukowski, e poi i narratori russi sopra tutti Dostoevskij e la poesia di Campana, di Ungaretti, D’Annunzio, la fantascienza filosofica/sociale/lisergica di Dick, il cyberpunk di Sterling e Gibson e Jeter, i grandi prosatori come Hemingway, la freddezza di Bunker, l’inquietudine di Kafka, il rivelatore Rimbaud, l’orrore cosmico di Lovecraft. Una massa che continuava a crescere e cresce tutt’ora, il filo rosso che unisce tutta la letteratura.

Parliamo un po’ del tuo libro. Come è nato? Di cosa parla? Quali sono i temi principali?
L’ultimo mio libro, Lo sfasciacarrozze, nasce come una storia che è la metafora dell’invasività della tecnologia, del fatto che l’uomo non è altro ora, che un supporto come potrebbe essere una pennetta usb, un calcolatore di emozioni incrociate, un essere il cui futuro non può che essere postumano, il problema sarà capire la differenza tra un uomo e un frigorifero o una lavatrice in un mondo in cui l’utilitarismo sarà la nuova religione, in cui gli oggetti di cui pensiamo essere padroni forse ci governeranno, forse già lo fanno. In più, nel romanzo cerco di raccontare anche la relazione che ha l’umano col tempo, relazione che continua a cambiare con gli anni, un’ora oggi è un lustro dell’ottocento. Cosa ci porterà questa continua modificazione percettiva e in parte sostanziale del tempo? Ecco, tutto questo cerco di riportarlo nel mio libro però nella forma di un romanzo di fantascienza in cui la cornice è un hinterland sperduto chissà dove, come un limbo tra le conosciute zone urbane, e degli alieni correlati con le macchine devastate di uno sfasciacarrozze forse vogliono indicarci una via. Se sia deleteria o meno sarà il protagonista a capirlo, o forse no.

C’è un titolo di una delle tue opere che è particolarmente significativo per te?
No, tutto quello che ho scritto in passato mi fa schifo. 

Da dove prendi ispirazione per scrivere?
Da quello che vedo, da quello che penso di vedere. Dall’alienazione nelle metropoli. Dalle case abbandonate e devastate. Dalle moderne geometrie delle città e delle cose che sembrano nascondere dei codici esistenziali. Dai pazzi, soprattutto dai pazzi.

Ringrazio Alessandro per essere stato in nostra compagnia oggi. Se la sua intervista vi ha incuriosito e voleste saperne di più sul suo romanzo Lo sfasciacarrozze, ecco qui tutti i link di riferimento:

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