INTERVISTA ALL'AUTORE ALBERTO COLA
INTERVISTA ALL'AUTORE ALBERTO COLA
Bentornati all'appuntamento settimanale del giovedì interviste de Il Salotto Letterario e de Il Salotto Creativo del gruppo Facebook MyMee - Express Yourself. Oggi siamo in compagnia di Alberto Cola, autore di diversi romanzi, tra cui Lazarus, Premio Urania 2009. Ma ora accomodiamoci e lasciamo a lui la parola.
Ciao Alberto, benvenuto nel mio salotto. Raccontaci qualcosa di te.
Ciao Caterina, e grazie per l’ospitalità. Sono l’uomo dei mille lavori e di una sola, grande passione. La scrittura è arrivata tardi, o meglio, la consapevolezza di voler provare a scrivere. E così tra lavoro, famiglia e altre cose, è ciò che ho fatto, stupendomi quando qualcuno mi diceva di voler pubblicare qualcosa di mio. A dire il vero mi capita ancora oggi e forse è per questo motivo che la scrittura mi ha mantenuto giovane. Così, appena posso, mi rifugio lì, senza ansie particolari.
Come ti sei avvicinato alla scrittura?
Quasi per caso. Forse per gioco. Dopo aver letto un’antologia di racconti di Fredric Brown, “Cosmolinea–B2” – che ha la particolarità di essere composta da racconti brevissimi, anche di una sola pagina –, pensai che sarebbe stato divertente provare a scrivere racconti brevi. A dire il vero avevo già accarezzato l’idea, ma avevo sempre letto romanzi o racconti lunghi e non mi sentivo in grado di affrontare una prova sulla distanza. Ma racconti di una cartella, perché no? E infatti nasco come autore di racconti e grazie a essi mi sono tolto molte soddisfazioni. Poi sono arrivati i romanzi, dopo anni, ma solo perché prendo le cose con calma e mi piace farle per bene, se posso. La dimensione racconto penso sia una scuola fondamentale per chi voglia iniziare a scrivere, per tutta una serie di motivi che sarebbe lungo elencare.
Qual è il tuo genere preferito?
Sono un lettore onnivoro, ma quanto alla scrittura il mio primo amore è stato con la fantascienza. Nonostante io abbia scritto anche altro, la narrativa fantastica – nell’accezione più ampia del termine – rappresenta da sempre il mio parco giochi preferito. Nessuna idea è limitante, ogni spunto può essere sfruttato in modo anarchico.
Parliamo un po’ delle tue opere. Come sono nate? Di cosa parlano? Quali sono i temi principali?
Adoro lasciarmi trascinare dall’avventura, e così le storie che scrivo spesso ne sono piene. L’influenza di quel che leggo è evidente, soprattutto negli ultimi anni visto che mi sono dedicato alla narrativa per ragazzi. Quindi cerco sempre di inserire un mix che abbia come cardine qualcosa di misterioso, di magico, ma che allo stesso tempo offra spunti di riflessione. Così in “Asad e il segreto dell’acqua” (Piemme, che a breve ne pubblicherà una nuova edizione visto il successo della prima), per esempio, lo spunto di un segreto da scoprire sepolto nel deserto del Sahara, è la molla per parlare di altre culture (quella Tuareg nello specifico), della diversità e di un tema importante come la carenza d’acqua. Oppure saltare in qualcosa di completamente diverso come il romanzo “Lazarus” (DelosBooks), ripubblicato di recente dopo una prima edizione con Mondadori, nel quale in un Giappone del futuro torna a vivere uno dei miei scrittori preferiti: Yukio Mishima. Un noir a tinte molto cupe. E infine l’ultimo, “Il club dei quattro ronin” (Piemme), un romanzo per ragazzi che tratta il tema del bullismo e di come lo sport possa creare il necessario spunto per affrontare determinati problemi. Come vedi mi piace spaziare.
C’è un titolo di una delle tue opere che è particolarmente significativo per te?
Per un motivo o per l’altro tutti sono significativi, ma solo perché nati in un momento nel quale c’era qualcosa che volevo dire e che avrebbe dato un’importanza maggiore alle parole. Nello specifico l’ultimo, “Il club dei quattro ronin”, lo sento molto perché c’è una bella fetta di me lì dentro, da situazioni private legate all’amicizia, allo sport praticato, il judo, che mi ha formato e aiutato moltissimo nel superare certe problematiche.
Da dove prendi ispirazione per scrivere?
Sai che ancora non l’ho capito? In realtà ritengo che nessun autore o autrice possa rispondere a questa domanda. L’ispirazione è qualcosa di davvero impalpabile, sfuggente. Per quanto mi riguarda, la mia testa archivia tasselli pescati un po’ ovunque negli anni, che poi si incastrano in qualcosa quando arriva quello definitivo e che fa accende la lampadina. Ci sono storie nate in un giorno, altre che hanno impiegato anni. Posso garantirti di non aver mai gridato “Eureka!” folgorato da un’ispirazione improvvisa. Anzi, di solito diffido delle ispirazioni, sono più un tipo da fermentazione lenta.
Ogni scrittore inserisce inevitabilmente una parte di se stesso nelle sue opere. C’è un personaggio in particolare che senti più vicino di altri?
Più che “inserisce”, direi che “ci finiscono”. Non ho mai pensato di farlo volontariamente, ma è inevitabile che ciò che l’autore è e ha vissuto filtri tra le righe. Riguardo alla tua domanda, di sicuro Max, il protagonista de “Il club dei quattro ronin”. Per attitudine, passioni ed esperienze personali. Poi è chiaro che anche nelle altre storie ci sia molto di me, magari diluito in modo meno evidente.
Potresti raccontarci la tua esperienza con la casa editrice (o le case editrici) con la quale hai pubblicato?
Dovessi tirare le somme, al momento quasi sempre positiva. Ovviamente, più la casa editrice cresce, più aumentano le responsabilità dell’autore e i passaggi da affrontare, ma l’importante è che si possa percepire la passione di chi lavora con te. Ho pubblicato il mio primo romanzo con l’ormai defunta Solid, ma posso garantire che tutti i vari step e case editrici con le quali ho collaborato, fino ad arrivare al Gruppo Mondadori, mi hanno arricchito come esperienza e consapevolezza, che in fin dei conti sono gli aspetti più importanti.
Hai partecipato a qualche evento (o eventi) per promuovere il tuo romanzo?
Molto spesso, tra presentazioni ed eventi culturali. I firmacopie se posso li evito, non li sopporto. Il ruolo di autore “piazzista” non mi piace. Negli ultimi anni, grazie alla narrativa per ragazzi, sono andato prevalentemente nelle scuole, un’esperienza davvero formativa e appagante.
Hai qualche consiglio da dare ad un aspirante scrittore alle prese con la sua prima opera?
Avere pazienza. Prendersi il tempo necessario per apprendere, fare esperienza, riscrivere dieci volte se necessario, anche affidarsi a qualcuno che possa consigliare e indirizzare. Viviamo nel mondo del tutto e subito, delle scorciatoie, della frenesia di vedere il proprio nome scritto sulla copertina, e ciò molto spesso porta a scelte “facili” del fai da te o, peggio, del contributo sotto varie forme. Nessuno, ch’io sappia, è mai arrivato lontano in questo modo. Intraprendere un’attività presuppone imparare per poi poterla fare al meglio, cioè, ripeto, prendersi il tempo che occorre perché nulla si improvvisa.
Ringrazio Alberto per essere stato con noi oggi e vi invito a seguirlo sulle sue pagine Facebook e Instagram per restare sempre aggiornati. Ecco qui il link al suo sito web.
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