INTERVISTA ALL'AUTORE ALESSIO PIRAS
LE INTERVISTE DEL SALOTTO
Bentornati agli appuntamenti del martedì con le interviste de Il Salotto Letterario. Oggi siamo in compagnia di Alessio Piras, autore del romanzo thriller noir "Gente sbagliata" per AltreVoci Edizioni.
Salve Alessio, benvenuto nel mio Salotto e grazie per essere in nostra compagnia oggi.
Grazie, Caterina, dell’invito.
Raccontaci qualcosa di te.
Sono uno che legge, studia e qualche volta scrive. Tutto ebbe inizio dopo aver letto "Cent’anni di solitudine" la prima volta, oltre vent’anni fa. Da allora la letteratura ha acquistato sempre più spazio nella mia vita. Come lettore, come studente, come studioso ispanista e come scrittore. Queste quattro sfumature coesistono e convivono in un’armonia imperfetta, giacché il lettore e lo studente tendono a dominare, e il resto viene un po’ come sfogo di questi due.
“Gente sbagliata” è la tua più recente pubblicazione per AltreVoci Edizioni. Potresti presentarla brevemente ai nostri lettori?
"Gente sbagliata" è un libro che, attraverso la struttura del poliziesco, parla di solitudine e cerca di farlo da più punti di vista. A suo modo, ogni personaggio del libro è uno spirito solitario che in un determinato momento della propria vita ha dovuto, o deve, fare i conti con la propria solitudine. Una solitudine che può essere una scelta libera (e allora va tutto bene, come nel caso di Ravecca) o una imposizione (e iniziano i guai, come nel caso della vittima).
Venendo alla trama, è presto detta. La notte tra il 7 e l’8 dicembre viene ritrovato il corpo senza documenti di Francesco Ricciardi, dirigente d’azienda caduto in disgrazia, che stava lentamente, e faticosamente, rimettendosi in piedi. Sul posto accorrono il commissario Ravecca e l’ispettore Rapisarda, insieme al medico legale, Angela Zorzi. Qui inizia un’indagine che porta gli investigatori a rovistare in due grandi pozzi: la famiglia della vittima e il retrobottega della città di Milano. E nel loro rovistare, Ravecca e Rapisarda si ritrovano a fare i conti con tutta una serie di personaggi che, a loro modo, sono gente sbagliata, esattamente come lo sono Ravecca e Rapisarda e, forse, come lo siamo un po’ tutti.
Chi è Jacopo Ravecca, il vice questore commissario protagonista delle indagini di “Gente sbagliata”?
Jacopo Ravecca è un genovese che, a un certo punto della sua vita, è stato trasferito a Milano. Le sue origini racchiudono già un certo tipo di carattere: schivo, diffidente, un po’ trasandato, ma molto riflessivo e attanagliato da migliaia di dubbi. Non è una macchietta, quando dico che la sua genovesità è uno specchio fedele del suo carattere faccio riferimento a come io vedo e interpreto la mia città natale.
È un solitario, un uomo che ha scelto di rendere la sua solitudine un luogo abitabile e che ha avuto la fortuna di poterla incastrare con la solitudine di un’altra persona, sua moglie Dafne. Non si potrebbe spiegare Ravecca senza Dafne, e viceversa.
È anche un grande tifoso del Genoa, anche se non lo ostenta, e mangia focaccia in maniera ossessiva, ma non lo fa per gola. Lo fa per lenire quella nostalgia che lo punzecchia continuamente. Per Ravecca la focaccia è soprattutto il tempo dell’infanzia.
“Gente sbagliata” offre un interessante spaccato della società, odierna e non solo, in quanto mette in mostra luci e ombre di realtà solo in apparenza perfette e ideali. Potresti approfondire questa tematica per i nostri lettori?
L’essere umano è una successione di luci e ombre continua, una contraddizione in cui convivono la bellezza più emozionante e l’orrore più devastante. Come riflesso, la società che abbiamo creato e che abitiamo rispecchia questa nostra natura. Nonostante ci ostiniamo a pensare che le cose siano semplici e perfette, non lo sono. Compito della letteratura è mostrare questa imperfezione per preparare i lettori alla vita reale, aiutandoli a diventare esseri umani liberi. Chi scrive non si limita mai a un mero esercizio di stile, ma si sporca le mani e dice a chi legge: “Ehi, tu, guarda che devi stare attento, devi sempre pensare con la tua testa, devi essere libero da catene”.
Per questo la letteratura è osteggiata da tutti i regimi totalitari, e mal digerita da quelli democratici: perché svela gli inganni del potere e aiuta a pensare liberamente. Anche la letteratura meno impegnata o quella che non ha alcun obiettivo didattico. Negli ultimi anni il genere poliziesco ha assunto un ruolo preminente in questa ‘missione’, perché è in grado di generare quella che gli spagnoli chiamano cronaca generale del disincanto. Che non è altro che una narrazione estremamente attuale e locale (cronaca), ma anche universale (generale) e con un punto di vista privilegiato (il disincanto), che ha la sua ragion d’essere nella frustrazione di tutte quelle generazioni che hanno visto fallire l’ideale di giustizia sociale al centro dei movimenti del 1968. Il grande e indiscusso maestro di questo genere (che non si limita al poliziesco, ma va ben oltre) è Manuel Vázquez Montalbán.
Stai lavorando a qualche progetto futuro, che magari prevede di nuovo il personaggio di Jacopo Ravecca?
Sto lavorando a diversi progetti futuri, uno dei quali riguarda Ravecca.
Grazie a Alessio per essere stato con noi oggi. Vi ricordo che il suo romanzo è disponibile sul catalogo della casa editrice e sui maggiori store online.
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