LE RECENSIONI DEL SALOTTO: IL SIGNOR W.

LE RECENSIONI DEL SALOTTO
Federica Leonardi, Il Signor W., LaPiccolaVolante
Recensione a cura di Michele Gonnella


L'AUTRICE
Federica Leonardi vive in quelle che un tempo erano paludi, in compagnia di umani, gatti e pappagalli. Scrive storie che spaziano dall'horror al weird. Per La Piccola Volante ha scritto anche "I figli delle Ombre", sequel di "Il signor W." Suoi racconti sono apparsi in diverse antologie: Women of Weird (Mosca bianca edizioni), La prima frontiera (Kipple), Zappa e Spada (Acheron books). Il suo blog: Letture Pericolose.

LA TRAMA
W. abita solo nell'appartamento che suo padre, conosciuto come Il Professore, gli ha lasciato nell'antico palazzo appartenuto alla sua famiglia, il Whateley. Gli altri cinque appartamenti sono abitati da persone schive e silenziose. Tutte eccetto Giorgio Kaminski. Quel vecchio è un seccatore, ha sempre qualcosa di cui lamentarsi: solitamente l'acqua che gocciola sul suo appartamento quando W. dimentica di chiudere i rubinetti. Capita spesso, W. è sempre distratto. Sempre solo. L'unica persona che ne ha una buona opinione è Samia, la ragazza del minimarket. Lei lo apprezza, gli ha addirittura dato un appuntamento. Gli ha chiesto di andare a vedere le prove del Verme Conquistatore a teatro. Il Weir, assieme al Palazzo e alla Torre di Carset, sono gli unici tre edifici risparmiati alla furia del terremoto molti anni prima. Una furia che sembra sul punto di tornare, sono troppi i presagi che indicano che non è tutto finito... 

LA RECENSIONE
Zerintia distende le braccia; la luce del sole, attutita di poco dalle nuvole che sormontano la Torre, le sdoppia le dita, dilatandole tanto da farle somigliare ho una coppia di ali tremule e impalpabili.
... vecchio bastardo...
"E questo..." W. si interrompe, senza sapere cosa dire, ancora stravolto.
"E questo è il paradiso" gli risponde lei, mentre gli si avvicina e infila la mano nella sua, tirandolo a sé.

Questo libro può contare su tre colonne portanti: ambientazione, personaggi, morbosità.
Difficile tuttavia separarli per commentarli uno per uno, si fa prima a mettere subito in chiaro che l'autrice, componendo un romanzo oscuro, riflessivo e morboso, ha messo insieme i grandi antichi e l'entomofilia (o entomofobia), dando così nuova vitalità a un genere ormai abusato da imitatori lovecraftiani – Chthulu se li porti - con l'hashtag #tentaclerape che descrivono tutto con orribile, indicibile, terrificante, inimmaginabile. 
Ma il libro non ha niente a che vedere con il classico protagonista che piano piano scopre l'arcano e ne rimane vittima, no, è molto peggio. In una prima parte si va a dare vita al mondo e ai personaggi, si osservano i loro comportamenti e le loro abitudini ma si scoprono anche i luoghi misteriosi che li circondano, da teatri a antiche torri d'alchimisti. Qui c'è spazio per tutti, dal recluso che ha una cotta per la ragazza dell'alimentari al vecchio leone da condominio che ha tempo e voglia di dedicare tutto sé stesso a crociate d'onore basate sul principio morale che se il mio vicino non ha lo zerbino pulito allora è un delinquente. 
La discesa nell'oscurità, non temete, inizia da subito. Parte con le strane abitudini dei personaggi, con le atmosfere in grado di mettere a disagio il lettore, coi piccoli eventi che come una muffa trascurata dietro al comodino si gonfiano se non tenuti sotto controllo, evolvendo in conseguenze cruciali, grottesche e inarrestabili. Oltre all'orrore, nel libro prevalgono anche le tinte morbose: ogni azione, ogni scena, ogni evoluzione, anche la più romantica – perché dopotutto è anche una storia d'amore – portano il morbo corrotto di una narrativa che non può lasciare indifferenti. Non è solo questione di paura, qui si mira a colpire il lettore, dandogli lo stesso disagio che si prova quando ti invitano a cena, tagliano la testa al criceto, la friggono e si aspettano che tu gusti quel delizioso gourmet, come se fosse la cosa più normale del mondo.

A mio modestissimo parere (tipica frase che rivela un ego smisurato e malcelato, ma io almeno lo ammetto), questo romanzo è un must per chi apprezza un horror che si evolve dal lovecraftiano, lasciandoselo indietro come un guscio ormai vuoto. Dopotutto, sapersi evolvere da generi così cristallizzati dai fanatici disfunzionali del genere è un atto di maestria e, perché no, coraggio, e “Il Signor W.” ne è la prova fisica.

Michele Gonnella, labrolucchese classe '88, vive una vita dedicata a quattro attività fondamentali: arti marziali, tè, libri, sopravvivere a sé stesso, il tutto sotto gli insegnamenti dei felini con cui condivide l'esistenza. Di fatto, è il bohémien più zen e monastico che si possa trovare. Egli non ci combina nulla col mondo della letteratura, tant'è che è perito informatico, ma forse proprio per questo si diverte a rompere tutti i canoni letterari da che ha impugnato la penna. Già di suo infatti era un bel casinista, tra romanzi e saggi al di fuori dei generi. Quando poi si è ritrovato a essere uno dei fondatori di Ignoranza Eroica apriti cielo...

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