INTERVISTA ALL'AUTRICE LUCIA CARLUCCIO

INTERVISTA ALL'AUTRICE LUCIA CARLUCCIO
Bentornati al puntualissimo appuntamento delle interviste del giovedì de Il Salotto Letterario e de Il Salotto Creativo del gruppo Facebook MyMee-Express Yourself. Oggi siamo in compagnia di Lucia Carluccio, autrice del romanzo Il cigno e la ballerina per Dario Abate Editore. Accomodiamoci e lasciamo a lei la parola...



Ciao Lucia, benvenuta nel mio salotto. Raccontaci qualcosa di te. 
Sono assai lieta di essere accolta nel tuo salotto. Innanzitutto grazie per l’attenzione che hai rivolto al mio romanzo e alla mia persona. Allora, mi chiedi di raccontarti di me. Sono una mamma di due bellissimi bambini, una moglie, un’insegnante di lettere, una studiosa, una scrittrice, un’amica, una figlia, ma prima di tutto questo sono una donna di 36 anni che ha il desiderio di conoscere e migliorare. Ho sempre vissuto in modo che la mia vita avesse uno scopo elevato e la banalità è ciò che più aborro. Con questo non voglio dire che io non ami le cose semplici, anzi. Ma le amo perché scopro, conosco e apprezzo il loro valore e le inserisco in un senso più ampio. 

Come ti sei avvicinata alla scrittura? 
Non mi sono mai avvicinata alla scrittura, ma la scrittura è nata con me. Questo fortissimo desiderio di creare frasi sempre nuove si manifestava, prima che imparassi a leggere e scrivere, attraverso una fantasia e un’immaginazione immense. La scrittura è un veicolo, un modo di convogliare un potenziale in modo costruttivo e creativo. 

Qual è il tuo genere preferito? 
Vado a periodi, sinceramente. Mi piace leggere di tutto e sono sempre incuriosita da ciò che non conosco. La mia natura versatile non mi fa dire “no” a nessun genere. Prima voglio conoscere, poi eventualmente scelgo. E poi, anche dello stesso genere, scelgo soprattutto in base all’autore. Ultimamente leggo tanti saggi. 

“Il cigno e la ballerina” è la tua prima opera o prima hai pubblicato altro? 
Ho pubblicato prevalentemente testi poetici. La poesia mi ha sempre accompagnato. Sembra strano, ma ero una bambina quando ho iniziato a scriverle. In realtà, che erano poesie, l’ho scoperto dopo. Venivo presa da un forte impulso interiore che mi portava a scrivere di getto brevi testi, una frase sotto l’altra. Quelli erano i miei primi versi. Da lì non mi sono più fermata. I miei studi letterari mi hanno portata a confrontarmi con i grandi poeti, e sicuramente la conoscenza e la cultura aiutano a migliorare. Ma credo che poeti si nasca, nell’animo. 

Parliamo un po’ del tuo libro. Come è nato? 
È nato quando ho capito che era arrivato il momento di dare retta a chi mi diceva che dovevo impegnarmi nello scrivere un romanzo. Scrivere un romanzo comporta un lavoro più costante. Io ero abituata a scrivere le mie poesie d’impeto, nei momenti e nei luoghi più disparati. Per scrivere un romanzo c’è bisogno di lavoro costante, e la costanza non è una delle mie caratteristiche. Per questo ho faticato molto. Ho iniziato a scriverlo alla fine nel 2016 e ci sono voluti tre anni perché ritenessi l’opera compiuta. 

Di cosa parla? Quali sono i temi principali? 
È un romanzo psicologico. È il lavoro in cui ho unito la creatività del testo narrativo ai miei studi sulla psiche umana. Parla di questo connubio, di questa unione invisibile che unisce noi al mondo. Esistono i personaggi, esistono delle storie, ma esiste prima di tutto l’anima, l’anima dei personaggi e l’anima del mondo. Partendo da un sintomo particolare come l’allucinosi Paul e Caroline hanno intrapreso una profonda indagine dell’inconscio individuale di lei sino ad arrivare a quello collettivo. Il cigno e la ballerina sono due immagini emblematiche che rappresentano l’entanglement. Ho accostato e fatto penetrare narrativa e fisica quantistica. 

Sembra impegnativo. A quale pubblico è rivolto? 
Sicuramente un pubblico adulto. Escluderei infanzia e adolescenza. C’è una trama, uno schema narrativo ben definito dunque anche un non esperto può leggerlo e comprenderlo. Sicuramente degli esperti di psicologia, psichiatria e spiritualità potrebbero capirne il senso più ampio e più vero. 

A cosa hai dedicato più attenzione a questo lavoro? 
A dir la verità, a tutto. Sia al contenuto (che ha comportato tanto studio su argomenti complessi e che non possono mai essere improvvisati) sia alla lingua. Ho un amore immenso per la lingua italiana (per questo la mia laurea specialistica è in Linguistica) e in questo romanzo ne ho curato l’aspetto ritmico, fonico, lessicale e retorico. La definirei spesso, infatti, una prosa poetica. 

C’è un titolo di una delle tue opere che è particolarmente significativo per te? 
Sì, il titolo di una mia raccolta di poesie: “versi selvaggi”. Esso mi rappresenta molto. Esprime la natura creativa e libera che è in me e che mi fa sentire viva. Se il cuore pulsa e fa in modo che il sangue scorra nelle vene, la creatività sboccia e permette che la vita scorra fluida nell’anima. 

Da dove prendi ispirazione per scrivere? 
Me lo chiedono in tanti e una mia amica, in particolare, dopo aver letto ogni mio testo, mi chiede: ”Ma come fai?”. E le rispondo: “Non lo so”. 
A te rispondo nello stesso modo. Non lo so, davvero. L’ispirazione arriva quando meno me lo aspetto. È lei che decide. E la ringrazio, perché mi fa provare emozioni sublimi. 

Ogni scrittore inserisce inevitabilmente una parte di se stesso nelle sue opere. C’è un personaggio in particolare che senti più vicino di altri? 
Il mio romanzo non è autobiografico, ma sicuramente c’è nei personaggi un po’ di me. In particolare in Justine. A lei sono molto affezionata, per la sua vitalità, per la sua risata, per il suo coraggio, per la sua giovinezza, per la sua spontaneità. Lei è acqua fresca, verità, colore, vita. Trovo che Justine sia meravigliosa e le ho dato il finale che merita. 

Potresti raccontarci la tua esperienza con le case editrici con le quali hai pubblicato? 
In giro ci sono molte case editrici che prendono in giro chi è troppo ingenuo chiedendo soldi per pubblicare. Non si fa. Io ho sempre detto di no a chi mi chiedeva dei soldi. L’editore con cui ho pubblicato “Il cigno e la ballerina”, Dario Abate editore, è stato molto serio e professionale, non mi ha assolutamente chiesto soldi e, anzi, ho avuto anche un premio in denaro per la vittoria del DAE contest 2019. 

Hai qualche consiglio da dare ad un aspirante scrittore alle prese con la sua prima opera? 
Consiglio di non farlo se proprio non ne può fare a meno. Scrivere un libro non è una cosa seria, di più. Non è per tutti. Scrivere un libro è quasi un atto sacro, come tutte le produzioni artistiche. Sicuramente ci vuole anche studio, tecnica, preparazione (io stessa mi sono laureata in Lettere, in Linguistica e ho anche seguito corsi di scrittura creativa), ma credo che se non hai il talento che ti pulsa dentro, se non hai la magia dell’arte che ti fa venire i brividi, non puoi scrivere qualcosa che faccia la differenza. E allora è meglio non farlo. Se invece si sente che proprio non se ne può fare a meno, che se non si scrive si vive a metà, allora fallo, scrivi, sbaglia e scrivi di nuovo e poi lotta, lotta per pubblicare con una casa editrice che ti scelga non per i soldi, ma per la qualità e poi continua, con umiltà e con la voglia di migliorare, sempre. Perché c’è una partenza, ma mai un arrivo.

Ringrazio Lucia per essere stata in nostra compagnia oggi e vi ricordo che potete seguirla sui social per rimanere sempre aggiornati.


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