LE RECENSIONI DEL SALOTTO: ARMA INFERO - IL MASTRO DI FORGIA

LE RECENSIONI DEL SALOTTO

Fabio Carta, Arma Infero: Il Mastro di Forgia, Inspired Digital Publishing




L'AUTORE

Fabio Carta nasce a Roma nel 1975 dove si laurea in Scienze Politiche con indirizzo storico, sviluppando uno spiccato interesse per le convulse vicende che dall'evo moderno alla contemporaneità hanno visto le evoluzioni, gli incontri e gli scontri tra i popoli e le culture. A questi interessi particolari unisce l'inevitabile passione per la cultura fantastica e avventurosa, prettamente cinematografica e televisiva, comune a quasi tutti i quarantenni della sua generazione che questa cultura l'hanno vista nascere, un fenomeno che solo i successi di Guerre Stellari e Star Trek possono esemplarmente rappresentare (non dimenticando, ovviamente, l'importanza non soltanto sentimentale dei numerosissimi cartoni animati giapponesi dell'infanzia, ossia i primi, leggendari anime "ante litteram”). Per anni impiega il suo tempo libero alla ricerca d'una sintesi tra queste sue predilezioni, un modo creativo, tra disegno e narrativa, per superare il dualismo apparentemente inconciliabile dei suoi interessi. Da un lato tenta quindi di nobilitare gli ambiti cinematografici, televisivi e fumettistici, nonché videoludici - in perfetto stile "nerd" - con uno stile più ricercato e meno banale, mentre dall'altro vuole dotare d'una riscrittura più dinamica e accattivante le nozioni e le cronache "accademiche", affascinanti e immortali, tratte ovviamente dai suoi studi storico-politici e dalle seriose ed ostiche letture a cui volontariamente - di tanto in tanto - si sottopone, tra cui molte delle opere medievali del ciclo bretone e arturiano. Per questo,come molti, non può esimersi dal subire il fascino del fantasy, in particolare della pervasiva poesia ambientale de Il signore degli anelli, che meglio di tutti nella letteratura contemporanea ha saputo coniugare la solennità letteraria col gioco della fantasia. Ma è nella narrativa di fantascienza pura, soprattutto nella space opera, che cerca la sua maggiore ispirazione; e la trova nell'epica mistica di Dune, nella nettezza marziale di Fanteria dello Spazio come nell'intimo, sofferente pacifismo nella Guerra Eterna di Haldeman. E ancora, la sua immaginazione vaga in preda alle vertigini nella vastità narrativa del ciclo di Hyperion, perdendosi nell'immane intreccio "psicostorico" delle varie Fondazioni di Asimov, per finire perduta tra le allucinazioni cibernetiche di Neuromante. Nasce in lui l'idea di poter dar vita ad una sorta di "peplum" narrativo postmoderno, un sincretismo distopico tra fantasy e fantascienza che sia qualcosa di più d'una semplice trasposizioni di poteri magici in tecnologie arcane. Vi sono dame e cavalieri, intrighi di corte e amori a profusione e tradimenti degni di Lancillotto come del Trono di Spade; ma soprattutto storie di guerra, di coraggio e amicizia. Animato da questo intento, inizia a scrivere, creando il mondo di Arma Infero; e in questo mondo ambienta il suo primo romanzo. Impiegato, marito e padre di due figli, che da sempre tollerano pazientemente i suoi momenti di evasione nel remoto spazio siderale, nei ritagli di tempo prosegue indefesso a gettare pianeti, mostri ed eroi dalla tastiera sullo schermo del suo pc, fantasticando sul giorno in cui potrà eleggere la sua passione a professione.

LA TRAMA

"E ora, fratelli, lasciate che vi narri di quei tempi, in cui le nuvole correvano rapide sopra gli aspri calanchi e di quando Lakon combatté per noi”. 


Su Muareb, un remoto pianeta anticamente colonizzato dall'uomo, langue una civiltà che piange sulle ceneri e le macerie di un devastante conflitto. Tra questi v'è Karan, vecchio e malato, che narra in prima persona della sua gioventù, della sua amicizia con colui che fu condottiero, martire e spietato boia in quella guerra apocalittica. Costui è Lakon. Emerso misteriosamente da un passato mitico e distorto, piomba dal cielo, alieno ed estraneo, sulle terre della Falange, il brutale popolo che lo accoglie e che lo forgia prima come schiavo, poi servo e tecnico di guerra, ossia "mastro di forgia", e infine guerriero, cavaliere di zodion, gli arcani veicoli viventi delle milizie coloniali. Ed è subito guerra, giacché l'ascesa di Lakon è il prodromo proprio di quel grande conflitto i cui eventi lui è destinato a cavalcare, verso l'inevitabile distruzione che su tutto incombe.

LA RECENSIONE
Cenere, non c'è che cenere su Muareb.
Delle polveri che vorticavano sulle dure distese dei calanchi, brune e dorate, ocra e rosse fin alle sfumature vermiglie e cremisi, non è rimasto nulla se non un monocorde grigio; dei granelli cristallini sfavillanti sulle dune di sabbia attorno ai mari, ebbene non c'è più traccia.
C'è solo cenere, fitta e omogenea, soffice o raggrumata, ovunque una distesa a perdita d'occhio. 
Delle nuvole rapide lassù nel cielo alto non se ne vedono da decenni, tanto che i giovani non sanno cosa siano se non grazie ai racconti dei vecchi, uomini resi deformi dalle mutazioni, accecati dai lampi della guerra, pazzi ormai tenuti in pochissima considerazione. 
Pazzi, sì: ma chi può biasimarli? Poiché su quelle loro teste calve e grinzose è caduto un giorno il cielo stesso, poveri testimoni dell'apocalisse. 

Con queste parole l’autore Fabio Carta dà inizio a Il Mastro di Forgia, il primo volume del ciclo fantascientifico Arma Infero, edito in formato digitale dalla casa editrice Inspired Digital Publishing. 
Fin dalle prime righe iniziali capiamo di trovarci davanti ad un romanzo davvero particolare, ambientato in un futuro lontano, su un pianeta altrettanto lontano: Muareb, un luogo poco ospitale, colonizzato dagli uomini in un tempo non meglio definito. L'atmosfera, i toni e i colori sono cupi, angoscianti, in perfetto stile post-apocalittico. 
Il romanzo si apre con un gruppo di persone che si raccolgono in una piazza e danno inizio ad un rituale in nome di una singolare figura, Lakon il Martire Tiranno, ma le parole del sacerdote vengono ben presto interrotte da un vecchio che si presenta come Karan. Karan afferma di aver conosciuto il vero Lakon e di poter raccontare la vera storia di quello che fu, dando così inizio al libro vero e proprio con un lunghissimo flashback narrato in prima persona.

Come si può evincere anche dai paragrafi riportati qui sopra, Il Mastro di Forgia è un romanzo piuttosto particolare: lungo, complesso, elaborato, con una trama profonda, ricca di colpi di scena che si alternano a momenti di puro misticismo, ma quello che la caratterizza maggiormente a mio avviso è il fatto di apparire perfettamente reale e credibile. L'autore è stato infatti in grado di creare ad hoc un mondo fantascientifico studiato fin nel minimo dettaglio. Le approfondite descrizioni degli ambienti, delle strutture di Muareb e anche degli zodion (le leggendarie e poderose cavalcature dei Cavalieri della Falange) possono sì talvolta rallentare il ritmo della narrazione, ma è impossibile non rimanere affascinati dalla maestria di Fabio Carta che riesce, in maniera quasi tridimensionale, a riportare sulla carta un mondo così distante e alieno. Un’altra caratteristica degna di nota de Il Mastro di Forgia è la scelta stilistica adottata dell’autore: Fabio Carta adopera infatti un registro aulico e uno stile ricercato, pieno di termini arcaici e solenni, che rendono questo romanzo di fantascienza simile ad un antico poema epico. Numerosi sono i riferimenti al mondo classico, a quello cavalleresco-medievale e anche a quello mitologico: Wotan, lo scudiero di Lakon, richiama uno dei nomi con i quali era conosciuto il dio Odino; i Cavalieri della Falange derivano dall'antica falange greca; lo stesso nome di Lakon proviene dalla regione greca della Laconia, la cui capitale era Sparta. 

Arma Infero: Il Mastro di Forgia è sicuramente un romanzo impegnativo, che richiede tutta la vostra attenzione ma che, dopo un piccolo sforzo iniziale, non vi lascerà di certo insoddisfatti. Battaglie epocali, intrighi, tradimenti e amori sono solo alcuni degli elementi che contribuiscono a rendere quest'opera assolutamente indimenticabile.


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